25 nov. 2025

VIENI, C'È UNA CASA NEL BOSCO (parte 2)

Ogni pensiero divergente deve essere filtrato e neutralizzato, prima ancora di iniziare il discorso. Sono stato tacciato di essere simpatizzante di "Heidi coi funghetti trallallà" per aver difeso la vita nel bosco.

C'è chi sostiene che, poiché nel 1600 si moriva a 35 anni, qualsiasi approccio alla natura che non sia un picnic sorvegliato è un tentativo di omicidio. È un'equazione ineccepibile. Non esiste, ovviamente, una via di mezzo tra la caverna e il condominio centralizzato. L'idea che si possa essere consapevoli dei rischi della modernità (dallo smog allo stress, per dirne due banali) e cercare un equilibrio, è una eresia filosofica.

Imporre ai figli di vivere nel sistema scolastico tradizionale, in un mondo iper-tecnologico e consumista, circondati da stimoli spesso dannosi, non è un'imposizione. È "crescita". 

Imporre loro un modello di vita standardizzato, dove il valore di una persona è misurato dal suo futuro impiego e dalla sua capacità di consumo, non è coercizione. È "prepararli al mondo reale". 

L'unica imposizione inaccettabile, l'unica manipolazione ossessiva, è quella di chi prova a offrire un'alternativa. Il bosco è una prigione. La metropoli globalizzata è la libertà.

Quanto all'ipocrisia dei genitori, per aver diritto a criticare qualcosa, devi esserne completamente vergine. Per poter dire "questo sistema ha dei problemi", non devi averlo mai usato. Non puoi aver studiato le lingue e viaggiato per poi decidere che forse, per i tuoi figli, esiste qualcosa di meglio del continuare su quella stessa strada. È un paradosso logico inaccettabile. Prima vivi come uno schiavo del sistema, poi osi desiderare la libertà per i tuoi figli? Ipocrisia pura! Meglio essere coerenti: nascere, vivere e morire dentro il sistema, senza mai metterlo in discussione. Questa sì che è integrità intellettuale.

Dobbiamo indignarci solo quando lo Stato agisce in un certo modo (contro chi la pensa diversamente) e non quando non agisce (di fronte a povertà e degrado sistemici). È fondamentale selezionare con cura le proprie battaglie, allineandosi sempre alla narrativa dominante. Indignarsi per i bambini nel bosco è doveroso. Farlo per i bambini nelle periferie degradate, per molti è "benaltrismo" da evitare. Priorità, sempre.

Alcuni ripongono una fiducia nelle istituzioni commovente. Lo Stato, si sa, è noto per la sua pazienza, per la sua volontà di mediare e trovare soluzioni su misura, specialmente con chi mette in discussione i suoi dogmi. "Metti l'acqua calda, fai le verifiche scolastiche, falle socializzare" non è una mediazione. È un ultimatum: "Normalizzati, o ti portiamo via i figli". La "cocciutaggine" dei soggetti è il vero reato. L'obbedienza non negoziabile è la virtù suprema. 

E no, non stanno subendo torture fisiche. Solo quella psicologica di essere stati strappati ai genitori e alla loro casa. Un dettaglio, per dei "minori" che per legge dovrebbero avere come interesse superiore la continuità affettiva.

Il vero pericolo per la civiltà non sono la deriva autoritaria, l'erosione delle libertà individuali o la sottomissione totale dell'individuo al sistema. Il vero pericolo sono dei genitori che, in un bosco, cercano di vivere in modo diverso. Sono loro i "signori della guerra" che vogliono schiavizzarci tutti.

È rassicurante sapere che, mentre io sogno un'epoca d'oro inesistente, c'è chi veglia, dalla sua casa linda e comoda, sul progresso dell'umanità. Un progresso che, per esistere, deve passare necessariamente per la distruzione di ogni alternativa.

(A. Battantier, Italien Néandertalien, Mip Lab, 11/25)

#MIPLab 
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