C’è un supermercato, in Italia, che assomiglia sempre di più a una trappola. Non per i clienti, che scorrazzano tra gli scaffali colmi, ignari del dramma che si consuma tra una cassa e l’altra.
No. La trappola è per chi quel supermercato l’ha riempito, ordinato, gestito per una vita. Per chi, dopo anni di onorato servizio, si ritrova a dover superare un “test del carrello” che non è un gioco, ma un tranello degno dei peggiori interrogatori.
Mi racconta un'amica con una faccia stanca: “Eh, sì, o io questo lavoro lo sapevo fare. Aprire le scatole, mettere la roba per bene, fare l'incasso. Ma ora non basta più. Adesso ti mettono apposta il rossetto dentro le uova. E se non lo vedi, sei fottuta. È una trappola.”
Manuela è una cassiera di 55 anni, gli occhi cerchiati di una stanchezza che non è solo fisica. È la stanchezza di chi sa di essere un ingranaggio che l’orologiaio ha deciso di sostituire.
Dopo decenni, non servi più. Sei un costo. Sei un numero che non rientra più negli algoritmi della produttività.
E allora, ti si accusa di “ammanchi” di pochi euro, ti si sanziona per ritardi di minuti con multe di quattro ore, ti si sospende perché in un magazzino dove una persona sola deve fare la guardia a tre corsie, qualcosa può sempre sparire.
È la barbarie asettica e anonima dei piani direzionali. L’azienda, la Pam Panorama, segnata da una “cronica carenza di manodopera”, decide di investire le sue risorse non per assumere, non per formare, ma per organizzare una caccia alle streghe.
Quaranta “ispettori” pagati non per aiutare, ma per tendere tranelli.
Un “progetto” il cui unico scopo è creare le scartoffie per un licenziamento.
È il trionfo dell’ipocrisia aziendale: un modulo formativo di dieci slide, dieci minuti di video, diventano la foglia di fico per giustificare la devastazione di vite umane.
Questo non è un caso isolato. È il logico, feroce epilogo del neo capitalismo liberista che schiaccia tutto.
Un sistema che non vuole più lavoratori, ma prestatori d’opera temporanei, usa e getta.
Le tanto amate casse automatiche sono il simbolo di questo inganno: si risparmia sul costo umano, e si accettano gli “ammanchi” come un inevitabile effetto collaterale, un danno contabile preferibile allo stipendio di una persona. È più conveniente un furto anonimo che il salario di un cassiere.
Il diario di bordo che ci arriva dalle trattative di Roma, il 20 novembre, è agghiacciante.
L’azienda è “inamovibile”. Non un passo indietro. E per chiudere qualsiasi spiraglio di dialogo, in fondo alla sala, durante un confronto che dovrebbe essere democratico, siede un “soggetto non identificato”, poi frettolosamente qualificato come “addetto alla sicurezza”.
A cosa serve un agente di sicurezza in una trattativa sindacale?
A intimidire. A ricordare chi comanda. È un linguaggio da regime, non da paese democratico.
È il messaggio chiaro: “Noi abbiamo la forza, voi solo le ragioni. E le ragioni, qui, non contano nulla.”
Hanno un obiettivo preciso, dicono i sindacati: colpire “lavoratrici e lavoratori con anzianità significativa, età anagrafica elevata, titolari di legge 104”. Quelli che costano di più, quelli che sono più stanchi, quelli che hanno il diritto di essere più fragili. Li si mette alla porta, in un Paese che già affoga, senza un perché, senza un grazie, senza una prospettiva.
Allora, che fare?
L’Italia è un paese di merda quando permette che questo accada.
Quando i governanti, di ogni colore, guardano altrove.
Ma c’è chi non ci sta. Come il presidente della Toscana che ricorda il “diritto alla felicità” scritto da un suo corregionale nella Costituzione americana.
La felicità. Che forse, oggi, per un lavoratore della Pam, significa solo non essere braccato nel proprio posto di lavoro.
Per questo, l’unica risposta possibile è alzare le mani. Ma non in segno di resa.
Mani in alto, sì. Per prendere la parola. Per scrivere sui cartelli. Per batterle insieme in una protesta che non può più essere silenziosa.
Per mostrare che quelle mani, che per anni hanno scannerizzato codici a barre, impilato scatole, servito clienti, non sono cose da buttare.
Mani in alto: PAM! È un assalto alla dignità, e la dignità va difesa. Con la rabbia di chi non ha più niente da perdere. Con la forza di chi, alla fine, sa che quei carrelli della spesa, pieni di tranelli, potrebbero un giorno essere vuotati dalla nostra indignazione.
(A. Battantier, Memorie di un lavoro, Italien Néandertalien, Mip Lab, 11/25)
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